(ARTICOLO DEL 11 DICEMBRE 2007)
Ogni consuntivo di fine d’anno rischia spesso di caricarsi di attese spropositate di considerazioni rassegnate e banali. Superare la temibile e ricorrente insidia dell’ipocrisia rappresenta quindi un dovere morale per chiunque creda nella politica come una missione da onorare e da finalizzare ad un ideale alto di giustizia.
Il 2007 è stato certamente un anno di transizione, ma di transizione alta, nel senso di preparazione di una stagione più feconda e più ricca per la vita italiana. Ha cominciato infatti a prendere corpo la fisionomia del “partito nuovo”, sul quale la Margherita e i DS avevano scommesso, inseguendo il progetto di una rigenerazione della politica italiana, di una semplificazione della platea dei partiti e delle formazioni che intollerabilmente ne affollano il panorama, di un rilancio di una forte idea del riformismo, riscattata dalle sue storiche debolezze e riempita dei valori di riferimento, della storia e della qualità delle grandi culture politiche che hanno segnato la modernità del nostro Paese.
Per queste ragioni, l’anno che si chiude consegna a quello che si apre una eredità ancora irrisolta e tuttavia ricca di prospettive. Poiché si tratterà di dare corso alla costruzione di un soggetto politico che non ripeta i vizi e le aporìe dell’esperienza dei grandi partiti di massa che hanno fatto la storia del 900, senza tuttavia rinnegarne il valore e il ruolo.
La scommessa starà nel coniugare, secondo modalità nuove, le esigenze di un forte radicamento civile che solo una nuova, solida ispirazione culturale può rendere stabile e non effimero, con l’urgenza di strutture flessibili e aperte alle dinamiche della società civile e alle domande che salgono da un mondo giovanile che si propone ogni giorno di più con il volto della medusa, cioè incontrollabile e sfuggente, sospeso fra negazioni e nichilismi e impulsi di speranza e di lotta.
Un partito così non nasce certo dalla testa di Minerva né può venire dalla astratta regolazione di norme concepite a tavolino da una Accademia di illuminati. Piuttosto esso, se vuol essere una esperienza fatta di carne e di sangue, deve nascere dal vivo della vita e della lotta, deve sortire dalle condizioni concrete dei contesti locali, deve rappresentarne una proiezione e una drammatizzazione, nel senso che il Partito Democratico deve poter incarnare capacità critica, volontà di cambiare e attitudine a dialogare, facendo sempre vincere la ragione: meglio, se sostenuta da una grande intransigenza morale!
Questo lavoro va fatto soprattutto in Sicilia, regione emblematica nella quale più forte e radicale è lo scontro tra vecchio e nuovo, fra un costume politico subalterno e complice e l’aspirazione ad una vita più tersa e più libera.
Il nostro modo di declinare la cultura della legalità sta proprio nell’imprimere al costume politico, alla vita di relazione, al rapporto con le istituzioni il segno morale di una cultura eticamente forte, ricca del senso delle istituzioni e del bene comune, fortemente innovativa negli stili, nelle forme e nei contenuti del governare.
Se dovessi quindi rinnovare un augurio non formale per il 2008, non potrei che prospettare una linea di rinnovamento che includa questi valori e queste ambizioni: partire dalla vita locale per rinnovare la vita generale del paese. Un monito “sturziano” che ognuno di noi ritrova non solo nel fondo della sua storia politica ma dentro la sua coscienza di uomo libero che vuole davvero costruire il futuro.
Salvatore Cardinale