L'informatore che Rode e....Corrode
  IL NATALE (TRISTE) DEGLI IPOVEDENTI
 

 (articolo del 11 dicembre 2007)

Per una strana casualità che a volte la vita ti riserva e senza “calcolo” alcuno, IL TARLO si è trovato ad affrontare il problema degli ipovedenti.
Infatti, dovendo parlare del trio dei novenari, affetti appunto da questo disagio fisico, ha ritenuto opportuno documentarsi.
La parola ipovedente è entrata da poco nel vocabolario italiano e la si rinviene per la prima volta in un testo legislativo del 1984 (decreto ministeriale sulla fornitura di protesi da parte del Servizio Sanitario Nazionale). Dal punto di vista semantico l'espressione "ipovedente" è sicuramente una bruttura, risultando dalla fusione di una parola greca e di una latina. Essa sta ad indicare le persone che hanno grossi problemi di vista e che non rientrano nel concetto di cecità assoluta. In Italia si calcola che gli ipovedenti siano circa un milione. Spesso l’ipovedente è soggetto al triste fenomeno dell’emarginazione.
L’emarginazione da un punto di vista sociale, è un fenomeno che, in una società "chiusa", riguarda tutti coloro che non sono attestati sugli standard da essa e in essa condivisi (di tipo socio-economico, culturale, estetico, socio-religioso). E’ il frutto di un ‘razzismo spontaneo diffuso ovunque, che fa da corollario al ‘bisogno istintivo’ di proteggere valori, credenze e tradizioni della propria comunità, che vengono "minacciati" dal dinamismo socio-culturale, al punto di rifiutare il riconoscimento dei valori altrui. Naturalmente essa implica che le culture siano un finto equilibrio; nella costruzione culturale e’ implicita la "malizia" che giustifica come necessaria l’oppressione. L’emarginazione è la cartina di tornasole del bisogno di conversione della cultura. L’emarginazione è la risposta al fenomeno del non-allinamento (di singoli o gruppi) non comprensiva delle ragioni della differenza né rispettosa della non relatività della dignità umana.
Una caratteristica inquietante che gli ipovedenti possono dire di avere in comune è il fatto di vivere situazioni che non si possono condividere con gli altri: è difficile persino parlarne, perchè né i normodotati, né i non vedenti, né, spesso, gli altri ipovedenti (qualora ne conosciamo qualcuno) sembrano capire.
Così succede che non riusciamo a spiegare alle persone che vorrebbero aiutarci, che cosa possono concretamente fare per noi e veniamo considerati o completamente normali (anche perchè molti di noi "si specializzano" nell'arte di sembrarlo), o completamente ciechi, con passaggi bruschi e in modo disorientante.
Anche le biografie sono diversissime: chi è stato educato nei collegi per non vedenti e chi è invece sempre stato mescolato e "confuso" con i normodotati, scontrandosi con inadeguatezze di cui era spesso difficile comprendere la ragione.
A queste diverse biografie, corrispondono anche differenti "modalità di simbolizzazione" dell'esperienza di essere ipovedenti e crediamo che poterne parlare sarebbe davvero significativo.
Altro capitolo molto interessante da aprire è il complesso e ricco repertorio di "strategie di sopravvivenza", applicate ai più diversi ambiti della vita quotidiana, che ognuno di noi ha certamente elaborato, e che forse si prestano ad essere insegnate e imparate. In ogni caso, si tratta di aspetti dell'esperienza umana e dell'"arte di vivere" (crediamo sia lecito usare parole tanto impegnative...) di cui non si sa niente, a meno che noi non cominciamo a parlarne.
E a Mussomeli? Qual è la situazione?
Diverse sono le persone che sono affette da questo problema.
Noi ne abbiamo scelto uno.
Ma non uno “qualunque”; dovete sapere che gli ipovedenti gravi hanno diritto alla pensione e possono usufruire di alcune agevolazioni previste per i ciechi, quali il collocamento obbligatorio come centralinisti o massofisioterapisti.
Ed IL TARLO è andato a trovare Calogero, centralinista all’Ospedale di Mussomeli, che di cognome fa D’Andrea. Proprio così, come Melu il personaggio del trio dei novenari.
Di fatti è il figlio.
 
 
 
 
 
T-    Ciao Calogero, come stai?
C-    Come vuoi che stia? Come ogni giorno, come ogni ipovedenti che (non) si rispetti!
T-    E come sta un ipovedente a Mussomeli?
C-    Malissimo; essendo che mai nessuno ha previsto un servizio di accompagnamento per chi è cieco o ipovedente, non conosce le difficoltà per fare fronte alle situazioni problematiche che si riferiscono alla mobilità e ai compiti tecnico-pratici.
T-    Quindi, secondo te, è solo un problema di burocrazia?
C-    Magari,il problema più importante è quello delle relazioni sociali, dal momento che siamo esclusi da quel complesso e articolatissimo sistema di segni che è la comunicazione non verbale (sguardi, riconoscimento di fisionomie e di espressioni del volto, cenni, saluti etc.), ma, a differenza di quanto avviene per i ciechi, gli altri non lo sanno, e si aspettano da noi una modalità comunicativa normale , che noi possiamo avere soltanto a sprazzi e in relazione a situazioni accidentali e non prevedibili.
T-    Com’è il tuo rapporto con la popolazione?
C-    Come l’inizio di una famosissima canzone: “C'è anche un'altra umanità dietro a sé non lascerà leggi e monumenti gente destinata a perdere e nessuno canterài suoi fallimenti. Uomini in balia di un Dio e della disallegria che non li abbandona mai aghi nei pagliai nascosti fra i passanti.”
T- D quale canzone si tratta?
C- Le persone inutili di Paolo Vallesi.
T- Sei stato invitato recentemente a manifestazioni o incontri, organizzati da associazioni o privati?
C- Recentemente??? Nell’arco della mia vita ho ricevuto tanti inviti quante le dita di una mano!
T- E tu, hai fatto qualcosa per fare sentire la tua voce?
C- La mia voce potevano udirla chiunque avesse voluto, essendo che nei primi anni novanta avevo messo su una radio!
T- E come andò?
C- Malissimo!! La mia emittente che si chiamava RADIO SATELLITE, durò tre mesi appena!
T- E come mai?
C- Perché nessuno si offrì di collaborarmi; nessuno voleva ascoltare la musica da me proposta! Preferivano l’allora Radio Progetto Vallone che invece, era piena zeppa di giovani e di programmi.
T- Volendo ringraziarti per le foto di tuo padre che mi hai fornito, mi permetterai di chiederti se qualcuno ti ha mai chiesto notizie dei tuoi genitori a scopo didattico!
C- A me mai nessuno. Si sono sempre rivolti sempre ai miei fratelli “normodotati”.
T- Cosa vorresti per questo Natale?
C- Vorrei più attenzione verso coloro che, come me, sono affetti da questo disagio fisico, da parte delle istituzioni, soprattutto da parte dei politici, mai presenti in nessun modo.
T- Un suggerimento al TARLO
C- Adoperati per produrre libri Parlati, ossia registrazione di testi e riviste sonore, a partire da questo informatore.
T- E alla cittadinanza cosa chiedi?
C- Chiedo a tutti di riflettere su quanto vi ho detto, e magari, dare un segno tangibile con iniziative di socializzazione!
T- Buon Natale Calogero
C- Buon Natale a te TARLO.
 
 
   
 
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