(SPECIALE 1° COMPLEANNO TARLO)
Vi siete mai trovati nell’ambito della vostra compagnia di amici, il classico musone resistente a qualunque battuta e/o scherzo, che non ride nemmeno se gli solleticate la pianta dei piedi con una piuma di struzzo?
O peggio ancora, presente all’epilogo di una “stratosferica” barzelletta dove tutti si scompisciano dalle risate esordire con: “ Che cosa c’è da ridere?? Proprio non capisco”.
Questo è quello che capita quotidianamente a me, “soffocato” da quell’animalaccio abulico reso ancor più insofferente da queste torride giornate estive.
Quello che mi fa andare in bestia è che quest’atteggiamento da “carro funebre” il lombrico della malora lo evidenzia sol quando è in mia compagnia.
Dovreste vederlo quando viene “l’amico suo”, quello per cui si alza per rispondere al citofono o addirittura si scomoda per preparargli il caffè.
Ma io non gliela do questa soddisfazione!
Non ascolterò per un solo istante né lui né tantomeno quel distinto signore che è Adamo che, sarà pure divertente, ma il sol pensiero che oscura la mia già precaria quanto fatua luce agli 8 occhi dell’animale infernale, rende il mio sistema nervoso sismico a tal punto, da essere rilevato dal centro sismografico di Erice.
Ragion per cui, come dice un proverbio locale: “Spicchiu inglisi e partenza pi lu paisi”.
T- Caro il mio Adamo, sai che cosa voleva fare il sottoposto della mia tomaia?
A- Come sei duro con quel ragazzo. Ma sentiamo, qual’era la sua proposta?
T- Voleva farmi ridere.
A- E che c’è di deleterio?
T- Lui??? Più nero di un gatto e più cereo di un becchino
A- Hai “un’alta” opinione di lui!
T- E come non potrei? Sono un TARLanimo. Ma sentiamo Adamo, che mi racconti oggi?
A- Vorrei parlarti di scherzi.
T- Ma non è che ti sei messo d’accordo con “quell’avanzo di galera”?
A- Tarlo, io parlo dei miei scherzi.
T- Allora sentiamo.
A- Il primo che mi viene in mente, riguarda mio fratello Ignazio oggi residente a Milano. Lavoravamo nell’edilizia e indossavamo per andare al lavoro, i primi modelli di quelli che sarebbero poi diventati oggetti cult degli anni 70’ e 80’, e cioè i jeans.
T- Quindi compravate questi costosi pantaloni per utilizzarli come indumenti lavorativi?
A- Tarlo!! Comprare??? E chi poteva permetterseli. I jeans erano a noi giunti casualmente in uno dei pacchi provenienti dai nostri generosi parenti d’America. E fu così che un giorno di inverno, giunsi a casa fradicio di pioggia. Smessi gli indumenti mi accorsi che incredibilmente questi stavano in piedi o comunque, erano facilmente modellabili per il tipo di tessuto.
T- E allora?
A- Ebbi l’idea di sagomare una persona seduta sul water; riuscii così bene nell’intento che, nell’attesa dell’arrivo di mio fratello Ignazio, dimenticai della mia “opera” ed apprestandomi ad entrare in bagno, urlai di paura nel vedere “quell’intruso”!
T- Quindi, ti sei reso “automaticamente” pan per focaccia!
A- Non proprio Tarlo, perché direi esattamente che mi ero reso la focaccia; per “il pane”, doveva ancora arrivare il mio consanguineo, che qualche attimo dopo, non tardò a bussare.
T- E cosa accadde?
A- Ignazio, zuppo tanto e forse più di me, aveva impellenti necessità corporali e accertatosi che non c’erano “file” da rispettare, si precipitò ad aprire la porta del bagno.
T- E cosa accadde?
A- Vedendo quella sagoma disse: “Ah, tu ci si!!! Allistiti”, credendo che fossi io seduto sul W.C.
T- Pover’uomo! Ma subito dopo immagino che scoprì l’arcano?
A- Non proprio. Infatti, a causa della vescica al limite della capienza, Ignazio ritornò all’attacco e sbattendo la porta esclamò: “Ancora ‘nnà…’nnu vidi ca mi staju ……‘’isciannu di ‘ncuddru”?
T- E questa volta tu sei intervenuto.
A- Diciamo di sì anche se, nella realtà, furono le mie risa incontrollate a svelare “la trappola” che cadde immediatamente dopo, dopo un calcio sferratogli violentemente da mio fratello.
T- Eri “discoletto” Adamo.
A- Avrei molto altro da raccontarti sulla SAGA DEI BARBA, ma questa volta preferisco raccontarti di un episodio capitatomi a casa di quella che diventò successivamente, la mia futura suocera.
T- Sono tutto orecchi!
A- Avevo appena cenato subito dopo essere tornato dal lavoro e andai a trovare la mia fidanzata. Giunto sul posto notai un capannello di persone che stazionavano davanti l’ingresso della casa della mia innamorata.
T- Era successo qualcosa di grave?
A- Grave??? Era entrato semplicemente un topolino che aveva provocato ansia e timori nell’intero circondario.
T- E quindi?
A- Non appena mi vide, mia suocera mi venne incontro e raccontatomi dell’accaduto mi “armò” di scopa e paletta affidandomi l’incarico di uccidere quella “bestia immonda”.
T- Adamo, vedi di non offendere, perché quel titolo, spetta a me.
A- Scusami Tarlo; il fatto è che mi chiusero dentro quella casa come il prode Sancho Pancia, con il problema che io contro il topo, non avevo nulla e soprattutto consapevole che dei ratti aveva una paura folle.
T- Ma scusami, se loro erano impauriti dal topo e tu addirittura ne eri terrorizzato, come finì questa
faccenda?
A- In modo semplice: io salii sul tavolo con tutta la scopa e la paletta, aspettando che qualcuno entrasse.
T- E tua suocera?
A- Dopo qualche lungo ed interminabile minuto di silenzio, si decise ad entrare.
T- E tu cosa dicesti dall’alto del tavolo?
A- Nulla, semplicemente le porsi “le armi di distruzione”.
T- E lei non si arrabbiò?
A- Diciamo che diede in escandescenza e dopo qualche parola “non proprio” di apprezzamento nei mi confronti, mi chiese a muso duro: “E il topo, che fine ha fatto?”
T- E come rispondesti a questo arcano?
A- Dissi semplicemente: “ Ed io che ne so; mica sono il gatto”