(articolo del 24 maggio 2008)
Padre Pio amava gli uomini, e li amava sinceramente come figli di Dio e fratelli suoi, perché pregava molto. Per il loro bene spirituale era diventato "il cireneo di tutti"; per lenire le ferite della carne inventò "la cattedrale della carità" e la chiamò "Casa Sollievo della Sofferenza". S.Giovanni Rotondo lamentava la mancanza di un ospedale, e Padre Pio il 25 gennaio 1925 ebbe la gioia di vedere inaugurato il piccolo "Ospedale civile San Francesco", sorto nel vecchio convento delle Clarisse: due corsie, con sette letti ciascuna e due camere riservate, cure gratuite ai poveri. Dopo tredici anni, rovinato dal terremoto del 1938, il piccolo ospedale chiudeva i battenti. Restaurato e trasformato, il locale divenne poi asilo infantile;Ma le macerie del terremoto non seppellirono la carità: la sera del 9 gennaio 1940, nella cella del frate, nasceva l'idea della "Casa Sollievo della Sofferenza". I figli spirituali di Padre Pio raccolgono dal suo cuore 1'idea e, terminato l'uragano bellico ed appianate inenarrabili difficoltà, il 16 maggio 1947 si poneva la prima pietra della "cattedrale della carità".Il 26 luglio 1954 si aprono gli ambulatori; il 5 novembre entra in funzione la Banca del sangue. E il 5 maggio 1956 si inaugura l'intero complesso, benedetto dalla voce di Pio XII. Padre Pio stesso presentava così alla folla straripante la "creatura della Provvidenza": "E' stato deposto nella terra un seme che il Signore Dio riscalderà coi suoi raggi d'amore |...|. Quest'opera che voi oggi vedete è all'inizio della sua vita |…|. Una tappa del cammino da compiere è stata fatta. Non arrestiamo il passo, rispondiamo solleciti alla chiamata di Dio per la causa del bene, ciascuno adempiendo il proprio dovere: io, in incessante preghiera di servo inutile del Signore nostro Gesù Cristo, voi col desiderio struggente di stringere al cuore tutta l'umanità sofferente per presentarla con me alla misericordia del Padre celeste". Questo è quanto dice di lui un frate del convento di Pietralcina: “Ci siamo avvicinati con timore e tremore alla data del 2 marzo. Sapevamo di accingerci a compiere un atto storico. Ma questa consapevolezza, più che riempirci di orgoglio, ci caricava di una enorme, inesprimibile responsabilità. La fedeltà alla tradizione della Chiesa non ci consentiva di continuare a lasciare un Santo sepolto sotto terra. Ora che tutto è stato chiarito, ringrazio il Signore. Lo ringrazio per avermi associato alle incomprensioni che Lui per primo ha subito e che hanno caratterizzato anche tutta l’esistenza di Padre Pio, in vita e post mortem. Lo ringrazio per l’armonia interiore che mi ha donato nei giorni difficili, facendomi sentire in sintonia con la Chiesa e piccola, ma operosa, parte del grande Corpo mistico di Cristo. Lo ringrazio, infine, per la consolazione che mi dà, oggi, nel vedere una incalcolabile folla di devoti prenotarsi per poter pregare dinanzi alle spoglie mortali del caro Padre. Tocca, infatti, al celeste Padrone della messe irrorare lo sterminato campo delle anime con la sua grazia e, successivamente, raccogliere abbondanti frutti di rinascita spirituale. Se fra i tanti, tantissimi fedeli che verranno a San Giovanni Rotondo per venerare le spoglie mortali di un Santo, almeno qualcuno tornerà a casa con una fede rinvigorita; se fra i non credenti che saliranno su questo monte per curiosità, almeno qualcuno ne ridiscenderà convertito, tutto ciò che abbiamo fatto e ci accingiamo a compiere avrà una motivazione in più. La più nobile. Quella per cui Padre Pio si offrì vittima fin dal primo giorno della sua missione sacerdotale: la salvezza delle anime.
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